Due giorni dopo l’uscita del film ho pubblicato su Medium questo articolo (decisamente troppo lungo per lo standard di internet). Il titolo era “Perchè non dovrebbe piacerti il film del Joker”, forse grazie anche a quel titolo è diventato virale ed è stato letto da oltre diecimila persone (con un tasso di lettura fino a fine articolo impressionante).
Quando il film è stato candidato alla bellezza di dieci premi Oscar ho temuto il peggio. Sono andato a dormire abbracciando il cuscino. Alla mattina la prima cosa che ho fatto è stato controllare quanti oscar avesse vinto: solo due. Miglior attore e miglior colonna sonora.
Ho pensato: forse ci capisco ancora qualcosa.
Ho pensato: forse il mondo è giusto.
Ma soprattutto ho pensato: quello che è successo è che il film non regge ad una seconda visione.
Ho deciso di aggiornare questo articolo con altre riflessioni e pubblicarlo qui.
Eccoli, allora, i miei cinque problemi con il Joker, che credo siano cinque motivi per cui questo film ha vinto solo due delle dieci statuette.
Buona lettura e non abbiatene a male se vi è piaciuto.
1) La sensazione costante che il film sia “scritto” (e quindi scritto male)
Quando dico che ho la sensazione che il film sia “scritto”, intendo che un sacco di cose in questo film succedono perché la trama lo richiede, e non perché le cose succedono così nel mondo reale. Questo film è pieno di casualità che mandano avanti la storia, o situazioni che non hanno le normali conseguenze che ci aspetteremmo, per il solo motivo che agli sceneggiatori queste non tornavano comodo.
Un esempio, più generico, è l’insieme di tragedie che si abbatte sul personaggio nei primi trenta minuti di film, una foresta di zucchine rotanti trifolate dirette a velocità sostenuta al fondoschiena di Arthur Fleck. Che questa sia una scelta stilistica o meno vorrei parlare più nel dettaglio in chiusura, ma la sensazione è che il tutto sia poco credibile e cozzi con il taglio realistico che il regista ha dato al film.
Ma non basta, ci sono scene scritte semplicemente male. Ne riporto due:
SPOILERONE GIGANTE
UNO: In città ci sono rivolte di persone vestite da clown, hanno appena ucciso dei poliziotti. Fleck è stato chiamato per intervenire in TV a un programma in prime time. Lui si presenta vestito da clown. Il produttore chiama l’anchorman del programma dicendogli che non possono permettere che questo tizio (sconosciuto e con evidenti problemi psichici) vada in diretta davanti alla nazione vestito come i tizi che stanno mettendo a ferro e fuoco la città. L’anchorman chiede allora a Fleck: “Lo fai per un motivo politico?” Il Joker risponde di no e l’anchorman dice al suo produttore: “facciamoglielo fare! Sarà divertente!”. Il produttore dice OK. Uno sceneggiatore che vede questa scena scoppia in lacrime, ve lo dico.
DUE: Il figlio del più ricco uomo d’affari (e forse futuro sindaco) di una città sull’orlo della guerra civile (in cui c’è una banda che manifesta con cartelli con scritto UCCIDIAMO I RICCHI) viene lasciato giocare in giardino senza supervisione (scelta già di per sé discutibile). Fleck lo avvicina. Una guardia (o forse un Alfred obeso), dopo un bel venti minuti di chiacchiera tra i due finalmente li interrompe. Fleck dice chiaramente alla guardia chi è e cosa vuole fare, poi scappa. A questo punto nonostante sappiano chi è e cosa vuole fare NESSUNO VA A CERCARE IL MALEDETTO PAGLIACCIO. Uno sceneggiatore a questo punto invoca il dio degli sceneggiatori di accoglierlo nel paradiso degli sceneggiatori.
A dare il colpo di grazia alla trama l’ausilio di due meccanismi narrativi abusati, come quello del narratore non attendibile. Lo vediamo
SPOILERONE
nel finale, quando non si capisce se tutta la storia che ci siamo sciroppati è frutto di un’invenzione del buon Fleck per dare una giustificazione alla dottoressa nel manicomio in cui è rinchiuso.
Oppure il meccanismo dello svelamento della malattia mentale attraverso
SPOILERONE
flashback di scene che scopriamo avere visto attraverso gli occhi del personaggio, ma che sono successe solo nella sua testa. Con l’aggravante che in Joker questo meccanismo viene usato in due modi diversi, come sottolinea Federico Guerri in QUESTO intelligentissimo post: una volta ci viene anticipato, quando Fleck guarda la televisione e lo vediamo comparire all’interno della trasmissione, la seconda volta invece no (scopriamo che la storia d’amore con la vicina di casa solo dopo che è successa). Questo double standard dà a chi guarda con un occhio un po’ scafato la sensazione che gli sceneggiatori cercassero a tutti i costi di sembrare più intelligenti del pubblico, a cui però non hanno dato gli strumenti per capire cosa stava succedendo.
Dopo film come Fight Club, Memento e I soliti sospetti ho la sensazione che ogni trama che usi questi trucchetti ma non sia fortemente imperniata intorno a quest’idea li faccia percepire semplicemente come una trovatina.
2) L’interpretazione di Phoenix:
Phoenix ha vinto l’Oscar e quindi anche se vorrei non lo critico. Ha sicuramente dato tanto a questo film, e ha dotato il suo Joker di una profondità che non avrebbe avuto senza di lui. Il problema che io riscontro è che il personaggio del Joker e l’intero film sono morti spappolati sotto il peso dell’interpretazione del suo attore, che si è impegnato troppo a recitare e si è dimenticato che lo scopo del farlo sarebbe il NON FARMI ACCORGERE CHE LO STA FACENDO. Scopro di essere in ottima compagnia dicendo questo, visto che pure il Times segnala lo stesso problema QUI. (vi prego di trattenere un momento l’ondata di obiezioni a questa affermazione per più avanti, perchè specifico)
Io non sono un amante dei fumetti in generale (sad but true, visto che sono uno sceneggiatore di fumetti), men che meno di quelli sui supereroi, quindi non piangerò mai perché un film non rispetta il personaggio per come l’ho letto o visto in un altro film. Ma se un film parte dalla premessa di raccontarmi come è nato un certo supereroe o supercattivo, se poi non me lo racconta, di fatto, sta facendo quella che in pubblicità è chiamata overpromise.
Quando dico che il film non ci racconta la nascita del Joker sono serio: il Joker di Batman NON È il risultato del film Joker. Il Joker di Batman è un cane sciolto, ed è pericoloso. È un tizio che uccide innocenti senza scrupoli, che ammazza la gente con il gas, che balla al tempo delle bombe che lancia ai passanti. Vuole portare il caos perché lui è il caos, e la forza del suo personaggio è proprio il mettere in discussione l’idea di ordine che Batman cerca con grandi sforzi di tutelare.
Il Joker di Phillips invece uccide senza scrupoli persone si sono prese gioco o hanno approfittato di lui. Secondo una logica inoppugnabile. Il personaggio non sviluppa le motivazioni sufficienti per diventare il supercriminale spietato e imprevedibile che Batman fa fatica a domare. Non ha neppure in nuce un’idea di come si trami un piano criminale, tanto che quando qualcuno riconosce il suo talento (qualunque esso sia) ne è stupito: non era quello che stava cercando.
Phoenix peraltro tradisce il Joker originale anche perché non riesce a fare ridere in nessuna maniera. La sola scena in cui qualcuno ride del Joker è quella in cui i ricchi che ridono di lui, non per lui, rimarcando un’idea veteroclassista della società che mi sembra di una noia mortale (anche di questo parliamo meglio in chiusura).
Fleck non riesce a fare ridere manco quando le sue battute di stand up comedy fanno effettivamente ridere come ad esempio questa, raccontata sul palco di una stand up:
SPOILERINO (ino) ALERT
Quando ero piccolo dissi a mia madre che da grande avrei fatto il comico, e lei rise. Ebbene, mamma, chi ride adesso? (nessuno, infatti il suo pubblico resta muto)
Riconosco che sia una scelta stilistica e un discorso sulla risata, ma ripeto: che senso ha raccontarmi che questa è la storia di come Joker è diventato Joker se alla fine del film NON ESCE IL MALEDETTO JOKER? (mi sto scaldando).
3) La questione della violenza
Phillips è così preoccupato di farci empatizzare con il personaggio del Joker che di fatto giustifica ogni suo eccesso di violenza e ogni omicidio con una difesa (sia essa personale o psicologica).
Arthur Fleck è un uomo tradito e dimenticato dalla società, e gli sceneggiatori ci tengono così tanto a farcelo sapere che praticamente la prima mezz’ora di film è un susseguirsi di maltrattamenti al povero Mr. Fleck, talmente incapace di una qualunque risposta che passa velocemente dall’essere un personaggio carico di pathos ad un personaggio semplicemente patetico. L’apice è quando Fleck viene minacciato di licenziamento in quanto
SPOILERINO
ladro di cartelli (MA RAGAZZI DAI, SIAMO SERI?), e quando cerca di rispondere “e perché mai dovrei rubare un cartello?”, il capo gli risponde “Perché la gente fa le cose, Fleck? Io non lo so, ma restituisci quel cartello.”. RAGAZZI QUESTO DIALOGO ERA CANDIDATO ALLA MIGLIOR SCENEGGIATURA DELL’ANNO 2019, VOGLIAMO PARLARNE?
Fleck qui risulta essere il sano di mente mentre l’intera società risulta essere malata, producendo un ennesimo tassello del trito e ritrito discorso su cosa sia la sanità mentale, degno di un telefilm di serie zeta degli anni ‘80.
Se ci fosse ancora qualcuno che rimane affascinato da questo genere di domande, film come questo o libri come questo, senza andare troppo nel ricercato, sono sicuramente compendi più affascinanti al tema del film di Phillips. Vi voglio stupire, ma ad oggi abbiamo un’idea piuttosto chiara di cosa sia la sanità mentale, e giocare ancora con l’equivoco che sia un modo più lucido di vedere la realtà è ricalcare un tema non solo logoro, ma pure pericoloso.
Sono così attenti, gli sceneggiatori, a non mettere violenza da nessuna parte, che non riescono neppure a mettere un minimo di premeditazione nel personaggio. Sono serio: il supercattivo che piegherà Batman con piani articolatissimi (e lo metterà di fronte ai limiti della sua morale) non si accorge
SPOILERONE MEGAGALATTICO
di aver avviato una rivolta popolare finché questa rivolta non arriva a investirlo con una cazzo di ambulanza. Il momento in cui Fleck diventa il Joker è demandato a un taglio tra le due scene conclusive del film: a metà tra quando Fleck si alza sul cofano della macchina su cui i rivoltosi l’hanno appoggiato aspettando che si riprenda, e il momento in cui compie il suo primo vero omicidio non giustificato, l’ultimo del film, quello della dottoressa che lo ha in cura. Omicidio che infatti non ci viene mostrato ma solo fatto intuire, che non sia mai che ci venga il dubbio che sto Joker non sia un tizio con con cui empatizzare.
Fleck lì in mezzo è forse diventato il Joker, e questa ellissi di trama è ESATTAMENTE ciò per cui avevo pagato il biglietto.
4) La mancata vena comica, ironica, sarcastica del pagliaccio
Giusto per gettare una premessa granitica, i due sceneggiatori di questo film sono gli sceneggiatori di Una notte da leoni (uno dei due ne è anche il regista, nonché il regista di Joker, Todd Phillips).
Ora, il motivo per cui la produzione si rivolge a due così è senza dubbio che il film doveva, in origine, avere una vena comica (UPDATE: è stata rilasciata la sceneggiatura originale, in apertura viene confermata questa mia intuizione: il film doveva essere comico). E a ricercare dentro al film con piglio speleologico questa vena in effetti la si ritrova in una serie di piccole gag di cui il film è disseminato, gag che sono state (volutamente) polverizzate dal montaggio, dalla musica e certamente dall’interpretazione di Phoenix. Eccone alcune:
SPOILERINI PICCOLINI
GAG SOPPRESSA #1 Fleck ormai quasi-Joker sta ballando sulla scalinata con una musica epica in sottofondo senza accorgersi che viene guardato dai due poliziotti che lo stanno cercando da giorni. Loro si guardano del tipo “ma guarda te, sto imbecille”, ma giustamente in fase di montaggio la gag è stata spianata.
GAG SOPPRESSA #2 Fleck parla con i poliziotti davanti all’ospedale e decide di andarsene per poi infrangersi su una porta automatica che “si apre solo dall’interno” (RICORDIAMO: CANDIDATO ALL’OSCAR COME MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE).
Io sicuramente non avrei apprezzato un film comico, e ho apprezzato invece il fatto che il regista abbia deciso di riscrivere la sceneggiatura durante le riprese (la mia idea è che, vedendo l’interpretazione di Phoenix, aveva capito che il film gli stava cambiando in mano).
È stata una scelta difficile e quasi eroica, ma non cambia il fatto che la totale mancanza di una capacità del Joker di ridere di sé o degli altri sia funzionale alla trama ma completamente fuori dal personaggio.
Il Joker di Ledger era perfettamente in-character quando uccideva un tizio facendo sparire una matita, perché era capace di essere divertente e violento allo stesso tempo. Qual è il collegamento tra i due? A me continua a mancare.
5) Il messaggio
Non riesco a non accennare ai miei dubbi riguardo al messaggio di questo film, che credo sia uno dei motivi per cui non gli è stato dato l’Oscar: avevano paura che il film gli esplodesse in mano. Ci ho provato ma non ce l’ho fatta: a me non va giù.
Una premessa: ci sono due modi di leggere il film riguardo a ciò che sto per dire, e quindi cito in apertura l’altro (quello che sottolineo non è il mio) brevemente.
MODO 1: Se la sopracitata foresta di zucchine trifolate rotanti che si infligge su Fleck nella prima mezz’ora di film è dovuta malattia mentale, cioè il mondo in cui è ambientato il film appare così arido e cattivo solo al personaggio principale perché lui non riesce a vedere l’amore a causa della sua malattia, allora devo dire che la malattia mentale mi è stata raccontata davvero male. O per lo meno insufficientemente. O peggio, mi è stata raccontata come la conoscevo già, come la conoscono tutti: madre così, padre sconosciuto, ragazzino bullizzato. Vi svelo un segreto: questo è il bigino della malattia mentale per sceneggiatori, che produce il Big Mac del personaggio pazzo per il pubblico. Il motivo per cui a così tanta gente questo film è parso una adeguata descrizione della malattia mentale è appunto perchè questo film descrive la malattia mentale secondo quello che la gente ne pensa. Se il cuore del film è la malattia mentale (cosa che io non penso) allora per me è troppo poco, ci sono altri film molto più interessanti sull’argomento.
MODO 2: Se non lo è — come io immagino non sia nella mente di chi ha scritto questo film — allora mi viene chiesto, da spettatore, di credere in un mondo in cui nessuno prova empatia per nessuno. In un mondo manicheo, diviso tra buoni e cattivi, tra ricchi e poveri.
Mi accorgo qui di un fatto straordinario, e cioè che io riesco a sospendere la mia incredulità fino al punto in cui mentre guardo un film come Swiss Army Man credo davvero che Paul Dano possa surfare sul cadavere dello zombie Daniel Redcliffe (e attraversare l’oceano grazie alla propulsione dei suoi peti), ma non riesco a credere che esista un mondo dove nessuno prova empatia verso sto poveraccio di Fleck.
In merito vorrei dire che in America il film è stato letto come una critica all’amministrazione Trump (ha reso più facile ottenere un’arma e ha cancellato l’Obamacare, e a questo c’è un riferimento quasi esplicito nel film). E gli omicidi e la rabbia di Fleck a loro volta sono sembrati agli Americani un esempio lampante di come nascono le stragi che da loro succedono una volta al mese.
Joker come Bowling a Columbine.
Se la lettura mi sembra azzecchi qualcosa, quello che a me spaventa è la giustificazione generale che il film dà all’uso della violenza: far empatizzare lo spettatore con Fleck e giustificare gli omicidi di quest’ultimo come una risposta al fatto di essere stato dimenticato dalla società è per me molto pericoloso. Un po’ perché penso che non ci sia giustificazione per un omicidio (posso provare compassione per un omicida, ma non giustificarlo), un po’ perchè Fleck non si limita ad uccidere gente, ma bensì
SPOILERONE
diventa in breve tempo il capo di una rivolta che ritiene un atto di rivincita sulla società l’uccidere la gente.
E nel momento in cui si giustifica un omicidio “politico” (per quanto nessuno abbia mai definito politico il movimento che Fleck avvia, il che rende il tutto clamorosamente populista) si giustifica una guerra civile, e questo per me è inaccettabile.
E la cosa che mi ha forse lasciato più perplesso di questo film è che mentre questo articolo di Wired parla del fatto che Joker ricorda (fin troppo) Taxi Driver, a me il film ha ricordato un libro che ho letto parecchio tempo fa:
anche questo libro parlava di un ragazzino che non sapeva chi fosse suo padre. Anche questo ragazzo aveva grossi problemi a entrare in società e al contempo manie di grandezza e una spropositata volontà di rivalsa, soprattutto contro i ricchi. Anche questo ragazzino, dopo che la società aveva cercato di ingabbiarlo, era finalmente riuscito ad ottenere un enorme riscontro di pubblico, ed era riuscito a sovvertire l’ordine sociale.
Il ragazzino si chiamava Adolf Hitler, il libro è questo.
“Cosa ottieni se metti insieme un malato di mente solitario e una società che lo abbandona? Ottieni quello che ti meriti.”
Forse che ci meritiamo una dittatura?
(Trento, 1983) Content creator, primo tiktoker italiano a parlare di cinema. Sceneggiatore ed esperto di storytelling. Ha pubblicato due romanzi grafici: “La principessa che amava i film horror”, e “The moneyman”, una biografia di Walt Disney a fumetti. Quest’ultimo è pubblicato in quattro Paesi. Laureato in Scienze della Comunicazione e diplomato in Book Publishing Strategies a Yale.